venerdì 16 ottobre 2020

Quello che mi manca

 'sto cazzo di virus ha attivato la modalità di 'precarietà emotiva' in tutti (esclusi i coglioni negazionisti).

Bene: un tempo la 'precarietà emotiva' era mia guida, faro, luce, cosa bella nelle tenebre (anche se amo le tenebre, ma questo è un altro discorso oppure, as I used to say, "non adesso, non adesso...").

Tipo quando nel 2016 - giusto uno sputo di tempo fa (il mio papà non c'era più, ma la mia mamma c'era ancora: cavoli, credevo fosse passato già un millennio e invece...) - era andata più o meno così:

Giorno x: cattivissima notizia.
Giorno x+1: "Andiamo lo stesso in Galles?" "Quando?" "Domani."
Giorno x+2: partenza per il Galles.

Partenza per il Galles, deviazione su Londra, e poi.
E poi Llandrindod Wells, Dan-Yr-Ogof, Rhossili Bay, il fottutissimo Stackpole Coastal Walk (morire di raggi solari in un Ferragosto Gallese e poi risorgere diversamente colorati), Llanelli, Fishguard (oh be', adesso so che il suo vero nome è Abergwaun, ma anche questo è un altro discorso) e quindi: "Andiamo in Irlanda?", "Andiamo in Irlanda."

Stackpole Coastal Walk: qui si camminava su un ponticello di legno con una balaustra. Una sola. A sinistra. A destra c'era il nulla, o meglio: la profondità. Mai stata più terrorizzata e galvanizzata nella mia vita.

Questo è quello che mi manca: andare. Dove? Boh. Non importa. Fregasega. Andare.

La mia 'precarietà emotiva' = andare.

Un po' come dire aurea mediocritas concentrandosi sull'aurea e senza dare significati particolari alla mediocritas.

Andare a compiere l'elenco ufficiale delle promesse, quando ancora pensavo che l'hashtag #andràtuttobene fosse carino, desse speranza... no, #andràtuttobene fa cagare.

Io ho una lavagna su una parete della cucina, ne sono molto orgogliosa. Ogni giorno mi armo di gessetto colorato e vi scrivo sopra il tempo d'alba e tramonto del Sole e della Luna, le previsioni meteo, gli orari delle Blue e Golden Hours. E poi aggiungo un cuore (perché sono una fottuta sentimentale) e il MIO hashtag personale:

#daidaidai

perché anche se allo stadio non ci posso andare, rimangono radicate in me le abitudini di tifo e dunque #daidaidai.

Che poi... #daidaidai è un po' come dire in Inglese #diediedie e ORA non sono più tanto sicura che sia un buon hashtag, ma che cosa posso dire? I get on with the play, c'mon.

Mi manca proprio quello: ANDARE senza necessariamente sapere DOVE.

Ho come l'impressione che l'elenco ufficiale delle promesse crescerà, anche se non ho più tanta voglia di proporne: se qualcuno ne ha voglia, lo faccia. Oggi al futuro pensateci voi.

Cheers.

mercoledì 7 ottobre 2020

Ashes to ashes

 Alla fine di maggio eri diventata triste. Avevi trascorso due o tre giorni nella tua trasportina, nell'oscurità del corridoio, tanto che poi avevo messo la trasportina nella camera dei ragazzi affinché tu non stessi sempre sola.

Il vet #1, venuto a visitarti a fine maggio in un tripudio di mascherine e visiere di plastica, aveva riscontrato la presenza di una cosa, ma aveva deciso di procedere con calma. Noi non lo sapevamo, ma quella cosa era il Cupo Mietitore. Whatever.

Eri stata poi presa in cura dal vet #2, che nutriva piccole speranze che non si trattasse di ciò che si trattava e, quanto meno, eravamo diventati amici di un vet con le palle e le contropalle.

E poi il Cupo Mietitore aveva preso a crescere. E a crescere. E a crescere.

Tuttavia tu continuavi, pervicace, ad essere quella che eri: una grande rompipalle con lampi di tenerezza e affettuosità.

Non la faccio lunga, non racconto le tue sofferenze, però racconto le mie, sempre per mano a Davide.

Siamo rimasti ad interrogarci per giorni su quando sarebbe stato il momento per accompagnarti dall'Altra Parte. Sono stati giorni in cui Davide registrava le tue fusa (le abbiamo sentite ancora ieri sera), ti fotografava continuamente. Sono stati giorni in cui mi interrogavo sul mio diritto di farti addormentare.

E poi è arrivato il giorno in cui hai provato a saltare sul divano e non ce l'hai fatta. Sei caduta e poi mi hai guardato ed eri smarrita ed anche io lo ero e sapevo che DOVEVO fare qualcosa e non volevo però dovevo però non volevo e così via e così via.

Due giorni dopo sei peggiorata, tanto. E allora ho dovuto decidere. Ho dovuto decidere per te. Non mangiavi, non dormivi. Non ti lamentavi, prendevi le coccole come acqua per un assetato nel deserto, ma era ora.

Siamo rimasti con te, Davide e io. Eravamo lì quando ti hanno fatto la preanestesia e ti sei addormentata SUBITO: eri esausta. Ti sei addormentata appoggiandoti su una zampina.

Poi l'anestesia, poi il Tanax, poi il tuo cuore si è fermato. Tutto rapido e agrodolce.

Ed eravamo lì, Davide e io, come due imbecilli sopraffatti dal Mistero della Morte. Sollevati dal saperti al sicuro, devastati dall'averti persa.

Sono passati otto giorni e ancora adesso quando apriamo la porta di casa guardiamo in basso per l'abitudine di trovarti lì. Ti ho perfino sognato! Ti ho sognato e stavi bene, eri proprio TU.

Sei stata la Gatta più complicata con cui mi sia capitato di dividere il mio umano percorso, forse questo è uno dei motivi per cui ti ho amata tanto.

Dimenticarti? No way.


Le tue ceneri sono in un piccolo sarcofago di legno: tra un po' di tempo lo seppellirò nel giardino in campagna, per ora lo tengo qui.

Nel sarcofago ho messo il campanellino del tuo collare affinché tu non senta il silenzio assordante della tua assenza.

Poche parole, poche.

Buon viaggio, Kida.

Nata il 28 marzo 2009, morta il 29 settembre 2020.

Tutto sommato è stato un lungo percorso.

Grazie, piccola e immensa Creatura.