'sto cazzo di virus ha attivato la modalità di 'precarietà emotiva' in tutti (esclusi i coglioni negazionisti).
Bene: un tempo la 'precarietà emotiva' era mia guida, faro, luce, cosa bella nelle tenebre (anche se amo le tenebre, ma questo è un altro discorso oppure, as I used to say, "non adesso, non adesso...").
Tipo quando nel 2016 - giusto uno sputo di tempo fa (il mio papà non c'era più, ma la mia mamma c'era ancora: cavoli, credevo fosse passato già un millennio e invece...) - era andata più o meno così:
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Stackpole Coastal Walk: qui si camminava su un ponticello di legno con una balaustra. Una sola. A sinistra. A destra c'era il nulla, o meglio: la profondità. Mai stata più terrorizzata e galvanizzata nella mia vita. |
Questo è quello che mi manca: andare. Dove? Boh. Non importa. Fregasega. Andare.
La mia 'precarietà emotiva' = andare.
Un po' come dire aurea mediocritas concentrandosi sull'aurea e senza dare significati particolari alla mediocritas.
Andare a compiere l'elenco ufficiale delle promesse, quando ancora pensavo che l'hashtag #andràtuttobene fosse carino, desse speranza... no, #andràtuttobene fa cagare.
Io ho una lavagna su una parete della cucina, ne sono molto orgogliosa. Ogni giorno mi armo di gessetto colorato e vi scrivo sopra il tempo d'alba e tramonto del Sole e della Luna, le previsioni meteo, gli orari delle Blue e Golden Hours. E poi aggiungo un cuore (perché sono una fottuta sentimentale) e il MIO hashtag personale:
#daidaidai
perché anche se allo stadio non ci posso andare, rimangono radicate in me le abitudini di tifo e dunque #daidaidai.
Che poi... #daidaidai è un po' come dire in Inglese #diediedie e ORA non sono più tanto sicura che sia un buon hashtag, ma che cosa posso dire? I get on with the play, c'mon.
Mi manca proprio quello: ANDARE senza necessariamente sapere DOVE.
Ho come l'impressione che l'elenco ufficiale delle promesse crescerà, anche se non ho più tanta voglia di proporne: se qualcuno ne ha voglia, lo faccia. Oggi al futuro pensateci voi.
Cheers.