domenica 21 agosto 2016

Venerdì 12 agosto: Arras - Calais - Dover - Londra

 Sveglia ad alba inoltrata, colazione, si risale in auto e si va in direzione Calais.

Avvicinandoci al porto, sulla destra si apre un'enorme tendopoli e - lo ammetto - faccio finta di nulla: sono una brutta persona. Da qualche giorno ho deciso di sperimentare che cosa significhi occuparmi egoisticamente ed autocentratamente del MIO benessere.

"La biglietteria di P&O Ferries è laggiù: andiamo."

Fatto il biglietto, alle 10:45 si salpa.

Il sole ci accompagna: magari fra poco si vedrà Dover... magari fra poco saprò che sto tornando 'a casa'... magari fra poco... eccola.

Eccola lì.

È una striscia sottile che, poco per volta, si fa spessa, sempre più spessa, racchiusa fra due toni di blu.

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Inconsciamente lo faccio, consciamente me ne rendo conto dopo un po': sto saltellando come una bambina, finalmente spensierata, finalmente libera - almeno per un po' - dai fantasmi che mi tormentano e a cui non posso dare voce.

Attracchiamo, passiamo in dogana, stranamente Giulia non viene sottoposta alla solita prova del 'adesso provo a chiamarti per vedere se sei quella che loro dicono tu sia oppure per capire se sei stata rapita a causa di quel musetto irresistibile', la prova in cui il funzionario la chiama Gaulia e lei mi guarda un po' scocciata. No, questa volta ci danno il benvenuto e sì: siamo in Inghilterra.

Spensierata, dicevo. Sì, sono spensierata e sono in Inghilterra, dove il cielo è più grande, dove piove sempre, dove in realtà si schiatta per il caldo, dove impostiamo il navigatore affinché ci conduca a Rushock.

Non abbiamo fatto i conti con il traffico, però, e veniamo guidati ad attraversare Londra (!) per procedere più celermente.

Londra è sempre Londra: c'è traffico, tanto.

Colti da una frisa di stanchezza ci guardiamo in faccia ed è subito: "Ci fermiamo qui fino a domani?"

Ci fermiamo a Londra, dunque.

Torno a Londra dopo ven-ti-quat-tro anni.

Troviamo alloggio, ci dirigiamo verso Victoria Station, acquisto le Oyster cards - mentre gli altri improvvisano uno spuntino rapido - e ci dirigiamo a Piccadilly. È pomeriggio inoltrato e non ho ancora pranzato.

Da Piccadilly, dove quasi stramazzo per l'incredulità, ci dirigiamo a piedi verso Trafalgar , dove quasi stramazzo per la fame.

"Se non mangio qualcosa entro pochi minuti muoro." Pronuncio solennemente e/o vagamente scazzata e/o con voce flebile (io!), mentre faccio check in continui su Facebook.

Ci dirigiamo verso un Pret-A-Manger in fondo alla piazza e, mentre mi scofano un sandwich, penso: "Adesso mando un messaggio ad Andrea."

Non faccio in tempo a terminare il pensiero che su Messenger si materializza, perentorio, (appunto) Andrea: "Non ho capito se sono check in fake o se sei veramente qui."

Tra fraintendimenti sul meeting point e godimento per la consapevolezza di essere a Londra, incontriamo Andrea: per me lui è un simbolo di coraggio, sono allineata caratterialmente con la sua capacità di chiamare le cose con il proprio nome senza fare troppi giri di parole. Che piacere rivederlo, che piacere rivederlo QUI.

Approfittiamo del nostro incontro per fare una telefonata ad un amico comune e si spandono per l'aere sonori CIAO CIAO mascherati da 'FANCULO: un bel momento comunicativo.

Poi ci congediamo da Andrea e facciamo qualche chilometruccio per andare a salutare il Big Ben e tutte cose.

Costeggiando il Tamigi, vediamo svettare il London Eye.

Toh, guarda: c'è anche la Luna.

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E poi Big Ben, Westminster, St. James's Park, Buckingham, the Mall, di nuovo Trafalgar, "Possiamo cenare?", "Sì, dai, andiamo verso Piccadilly."

Cena, hotel, ho i piedi cimiti, sono a Londra, Londra!, buonanotte.

(continua...)