mercoledì 28 agosto 2013

Per non dimenticare nessuno

Mi nutro di emozioni


Digito il suo numero sul cellulare, squilli a profusione, finalmente risponde.
“Sì?”
“Saaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaglietssssssssssssssssss!”
“Gnaaaarleboffchecazz…”
“Sono tornata, vecchia ciarabattola!”
“Ma che ora è?”
“Le due del mattino!”
“Eeeeeeeeeeeeh?”
“Ciuppa. Le due del mattino, ciccio: il momento migliore per gli incantesimi!”
“Sei una bestia, strega, una bestia… non potevi aspettare un’ora più da Cristiani per chiamarmi, zio cane?!?!?”
“No: sono pagana. Com’è?”
“Ma vai a quel paese, disgraziata!”
Sagliets chiude la telefonata: che malmostoso.
Deve stare ancora rantolando sulla partita contro il Pescara, proprio come me, però… che antipatico. Gliela farò pagare.


Qualche anno fa

Lui - e non ha importanza chi sia, non ha proprio importanza - sta presentando il suo nuovo libro in una libreria nel centro della città. Non ci vediamo da troppi anni, chissà perché.
Entro esitante, non lo vedo, mi siedo, prendo appunti, faccio un giro, lo vedo: è laggiù!  Mi avvicino in silenzio, mi piazzo alle sue spalle, lo chiamo,  si volta,  sorride,  sorrido, ci prendiamo per il culo. Non ci vediamo da troppi anni, chissà perché.
Andavamo spesso allo stadio insieme, i momenti condivisi, condivisi come i lacrimogeni quella volta là, andavamo spesso allo stadio insieme.
Ci eravamo conosciuti in prima media, avevamo appena vinto lo Scudetto e quanto ci sentivamo fighi, quanto eravamo fighi, quanto già capivamo il significato di parole che a undici anni dovrebbero essere legate solo ai giochi o alle ‘cose’ dei ‘grandi’: combattere, soffrire, godere.
E grandi lo eravamo diventati insieme e poi insieme ci eravamo mandati a stendere con freddezza e crudeltà. Poi, per caso, ci eravamo ritrovati e, con noi, ritrovati furono i gesti, gli scherzi, le prese in giro pesanti, il Toro.
Lui sta presentando il suo nuovo libro in una libreria nel centro della città. Non ci vediamo da troppi anni, chissà perché. Chissà perché… perché ci eravamo mandati a stendere, sic et simpliciter.
Sorride, sorrido e guardo oltre le sue spalle.
La vedo: cazzo, è lei.
“Scusami, scusami… vado a salutare Laura!”
Lui rimane impietrito e ride sotto i baffi. Io so che cosa sta pensando, io so che sta pensando che sono sempre stata così, io so che anche lui è appena tornato a casa ed è anche tornato un po’ bambino, proprio come me.
Vado da Laura e ci abbracciamo. Non ci vediamo da troppi anni, chissà perché: non ci siamo mai mandate a stendere.
Abbracci, parole, sorrisi, il Toro, i libri, ma tu, ma lui, ma poi, ma quando, ma dai, ma sì: sì, non perdiamoci più.
Lui ci raggiunge e mi dice: “Non cagarmi, eh?” Sorride e poi va, va a presentare il suo libro.
Sono tanto orgogliosa di lui, tanto.
Lasciamolo da parte, non ha davvero importanza il suo nome, non in quel momento e neppure in questo: ormai è tornato nella mia vita, ormai sono tornata nella sua vita. Intanto ho ritrovato Laura: possiamo di nuovo camminare insieme.


16 agosto 2013

Oporto: caldo umido. Casino. Suoni. Rumori. Odori. Colori.
Sul City Sightseeing preferisco le cuffiette dell’iPod a quelle della guida.
Il cellulare vibra, guardo il display: un SMS di Laura. Non voglio leggerlo, so già che cosa troverò scritto, ma non voglio, accidenti… la rapida lotta fra egocentrismo e amicizia si risolve rapidamente e apro quell’SMS che non vorrei leggere.
Il papà di Laura ha chiuso gli occhi, è andato dagli Invincibili, “è andato avanti” come scrive Laura stessa. Oddeaddeaddea, Lauretta mia…
Alla fine del giro con il bus, scendo e la chiamo. Le solite parole di circostanza, anche se spero che il mio affetto e la mia partecipazione arrivino fino al suo cuore lacerato.
Ridicolmente mi metto a piagnucolare, me ne vergogno nel momento stesso in cui accade, ma non posso farne a meno, non posso farne a meno perché - di nuovo egoisticamente ed egocentricamente - penso che un giorno capiterà anche a me di ricevere le stesse parole di consolazione ed è un pensiero intollerabile.
Mentre Laura mi chiede di non piangere, con una mano scaccio fisicamente via i cattivi pensieri, e la ringrazio: “Grazie, per avermelo fatto conoscere di nuovo là…”



Ottobre 1972

Oggi inizio la seconda elementare.
C’è una nuova bambina in classe: si chiama Laura. Chissà se è simpatica… ha la pelle olivastra come la mia e gli occhi grandi e scuri.



17 maggio 1976

Ci siamo abbracciati e abbiamo fatto chiasso per tutta la mattina: ieri abbiamo vinto lo Scudetto!
Laura, io e gli altri del Toro come noi.
Il Maestro ha dovuto richiamarci più di una volta, ma in fondo ha capito: è un gran Maestro.



Aprile 2010

Torneo di calcio fra Amici/Fratelli al Fila: vado con Giulia, là troverò Laura.
Ci sediamo sui gradini, chiacchieriamo. “Tra un po’ dovrebbero arrivare i miei” Dice Laura.
Sento una strana emozione dentro di me, come un fuoco che non si sente degno di risplendere.
“Eccoli.” Mi dice con la voce dolce che è la stessa voce dolce di quando eravamo bambine, che è la stessa voce dolce con cui condivide con me passioni, dolori, risate, vita. La mia Lauretta.
Ci alziamo, andiamo loro incontro.
Ricordo bene la mamma di Laura, la ricordo bene.
Guardo suo padre e favello: “Mi dispiace, mi perdoni… non mi ricordo di lei: facciamo finta che sia la prima volta in cui ci incontriamo. Sono sempre stata un po’ stordita, sa?”
Gli stringo la mano e poi… e poi lo guardo bene negli occhi.
Cazzo, sì: mi ricordo di lui. Mi ricordo di quegli occhi, mi ricordo di quegli occhi in cui brucia il fuoco di fronte al quale il mio diventa un’esile fiammella.
“Aspetti… sì: mi ricordo di lei! Cavoli, sì!”
Lo guardo e davanti a me lo rivedo più giovane, con la schiena più dritta, la pelle più distesa.
L’orgoglio è rimasto immutato.
Laura ed io ci abbracciamo in lacrime e sua mamma ci sgrida bonariamente: “Sempre a piangere, queste due…” Sorride. Probabilmente anche lei ci rivede com’eravamo più di trent’anni prima.
Sono scossa da questo incontro, sono al cospetto di un Gigante, ho appena guardato negli occhi una delle tante persone che hanno fatto la storia del Toro senza urlare, senza strepitare, senza rivendicare un posto al sole, in silenzio, con le mani e il cuore a disposizione dell’Idea, con il cuore sempre alla ricerca di nuovi ostacoli da superare.



16 agosto 2013

“Grazie, per avermelo fatto conoscere di nuovo là…” Dico a Laura. Segue un “Ti voglio bene” e chiudiamo la telefonata.
Riposa in pace, Franco: hai messo al mondo una bella creatura, sai?



Punto e a capo

Toro-Sassuolo, sì.
Soprattutto in Maratona.
Soprattutto con gli Amici.
Soprattutto con i miei figli.
Soprattutto la prima Maratona di Giulia.
Giulia che si bullava con il fratello, il giorno prima della partita.

Giulia - Davide, tu in quali settori dello stadio sei già stato?
Davide - In Primavera e in Maratona.
Giulia - Questa sera vengo anche io in Maratona e sono già stata in Primavera, nei distinti e in tribuna, quindi sono stata in più settori di te!
Davide - [tace]

Giulia che ha paura dei suoni forti ed era un po’ preoccupata: “Mamma, c’è tanto rumore in Maratona?” e poi non è stata zitta un momento.
Giulia che ha pianto poco prima della partita “perché mi manca Rolando…”
Giulia che ha detto: “Speriamo di vincere così li vedo saltare dalla parte giusta!”
Giulia che ha pianto poco dopo la fine della partita perché li ha visti saltare dalla parte giusta e “... stai tranquilla, mamma, questa volta piango perché sono felice…”
E Davide? Un Uomo, un Uomo in miniatura (ma nemmeno troppo: non riesco ad abituarmi al fatto che mi abbia superato in altezza… non che ci volesse molto, eh?).
E io? Aaaaaaaah, ero gasatissima.
C’erano gli Amici, no? Paolo il Maestro di Musica, Davide con Maria ed Emanuela, la Stefi, la Nonna Olga (novant’anni, cinque mesi e due giorni!), Diego ai distinti che si stampava contro la parete divisoria in vetro per salutare e per un nanosecondo pensavo: “Hey! L’Uomo Ragno!”, Chris dall’Inghilterra, la pioggia… ah, la pioggia: la mia fedele Musa… dopo un po’ mi era venuta un po’ a noia, troppa ispirazione tutta d’un colpo rimane sullo stomaco pure a me, che sono vorace di emozioni… però la pioggia, la pioggia, la pioggia…
C’era anche un due aste speciale, sorretto da due creature speciali, speciali per me, speciali perché sì… i miei nipoti.
Quanto Amore, quanto!
Guardavo la partita e intanto pensavo al moltiplicarsi dell’Amore, dell’Amore per il Toro, pensavo alle persone che ho amato tanto e che amo tuttora anche se non ci sono più, guardavo i miei figli e vedevo da lontano il due aste dei miei nipoti: la Quarta Generazione di Tifosi Granata in Famiglia.
Uh, come mi piacciono le lettere maiuscole, sì.
Una volta venivamo allo stadio in quattro (mamma, papà, fratello, io), a volte in cinque (si aggiungeva il nonno), ieri sera eravamo in sei: mio fratello, io, i nostri quattro figli.
Forse siamo pirla, forse non lo so, forse non mi interessa, forse ero felice.
Forse?
Sì, la Felicità ha un volto e quel volto è fatto dalla mia Famiglia di sangue e dalla mia Famiglia di tifo.
Nessuno spazio per i cattivi pensieri, solo emozioni: il mio nutrimento.


Passo in redazione a ritirare la posta. Nella cassetta delle lamentele (sì, siamo piuttosto organizzati) c’è poca roba: smaltisco il tutto rapidamente e me lo getto alle spalle. La cassetta della concordia (sì, siamo anche piuttosto creativi) è bella e paciosa: quasi quasi mi concedo una coccola prima di imbracciare la chitarra. Leggo qualche foglio, mentre l’acqua si scalda nel bollitore, intanto arriva il mio tormento personale.
“Silvia!”
“Sono io, Sagliets, sì: sono io. E sono nel mio ufficio: mai sentito parlare di bussare?”
“Quanto sei noiosa… posso leggerti una cosa?”
“Aspetta, prima preparo il tea.”
Verso l’acqua bollente nelle mugs che mi ha portato Paolo da Londra e da Barcellona, intingo per tre minuti due bustine di Earl Grey.
“Procedi, Sagliets…”
“Allora…”
“Aspetta, metto su un po’ di musica: che cosa ne dici di sentire ‘NEVAEH OT YAWRIATS’ in loop?!
“Eeeeh?”
“Ciuppa, ciccio. Ho solo detto ‘STAIRWAY TO HEAVEN’ al contrario… alcuni dicono che ascoltarla in senso opposto al normale permetta di udire messaggi indubbiamente satanici.”
“Sei raccapricciante… ma che senso ha?!?”
“Nessuno, proprio nessuno. In realtà trovo pietoso che qualcuno abbia anche solo pensato si ascoltare ‘Stairway To Heaven’ al contrario… non era sufficiente tutta quella bellezza lì? Bisognava per forza lordarla?”
“La gggente è strana, Silvietta…”
“Già, Mauretti…” Sospiro e mi massaggio il collo: è da quando mi sono svegliata che ho un po’ di fastidio.
“C’è qualcosa che non va, collega?”
“Non saprei bene come spiegare… non è un vero e proprio torcicollo… è come se sentissi qualcosa che sfrega qui… uh, che noia…”
“Ciccia…”
“Yes?”
“Hai il colletto tutto storto, aspetta…” Delicatamente mi sistema la camicia e… magia: il fastidio scompare!
“Grazie, Sagliets! Anche tu ci hai i poteri, a quanto pare! O forse ho solo bisogno di una badante…”
“Magari avessi i poteri… è solo che tu vai sempre in giro tutta sgarruppata… come cavolo si fa a stare con mezzo colletto su e mezzo colletto giù senza accorgersene? Sarai anche una strega ma quando si tratta di fare cose semplici ti perdi in un bicchiere d’acqua, stordita!” Dice sorridendo.
Alzo le spalle e sorrido pure io. “Boh… è che i colletti sono proprio l’ultima delle mie preoccupazioni, a dire il vero…”
Finisco di bere il mio tea, imbraccio la chitarra e sia fatta la nostra volontà.
O la nostra pace.
O quel che l’è.
Forza Toro.



Questa settimana tocca a “In the Evening” (brano di apertura di “In Through the Out Door”, ultimo - sigh - album in studio dei Led Zeppelin, 1979).




Le note iniziali sono lugubri come certi momenti oscuri che noi Granata conosciamo bene e contestualmente mettono le ali, proprio come il Toro che, anche se fa girare le gonadi, rende felici, magari solo per qualche attimo. Non so perché ma, da qualche giorno, mi rimbombano in testa le parole di John Milton: “Meglio regnare all’Inferno che servire in Paradiso”... e non posso fare a meno di augurarmi/ci un ottimo regno.



RINGRAZIAMENTI A:

- Nicolò Campo per avermi concesso di utilizzare la foto da lui scattata domenica sera.
- I miei nipoti Agostina e Pietro per aver avuto l'idea di realizzare quel due aste.
- Mio fratello e mia cognata per aver messo al mondo i suddetti.