venerdì 26 febbraio 2016

Quell'intreccio doloroso e glorioso

Nel 2014 e nel 2015 vivo un intreccio doloroso e glorioso di eventi vedono protagonisti mio papà, il Toro e i Led Zeppelin.

Praticamente le tre costanti della mia esistenza, ohibò.

Il tutto inizia con l'ufficializzazione dell'accesso del Toro ai preliminari di Europa League.

Lo so in metropolitana: me lo dice un Amico per telefono e mi metto a saltare per la felicità.

Scesa dalla metropolitana, continuo a saltare, salto anche mentre telefono a mamma per dirglielo e far saltare anche lei, lei che al mio "Mamma, siamo in  Europa!" risponde con un "Silvia, il papà ha un papilloma."

Echeccazzo.

Pochi giorni dopo arrivano fra le mie braccia i remasters dei primi tre album dei Led Zeppelin: I, II e III.



Passiamo l'estate a Torino perché papà deve affrontare un intervento chirurgico piuttosto pesante e ciò permette a Davide e me - evviva evviva - di presenziare alle partite di qualificazione.

Papà dall'ospedale mi telefona in diverse occasione per sapere come stiamo giocando: la tenerezza di quell'Uomo, la passione di quell'Uomo... voglio non dimenticarle MAI.

A fine ottobre le notizie relative alla salute di mio papà si fanno sempre più inquietanti, così pesanti da farmi diventare la persona silente che sono diventata e che alcuni fanno fatica a riconoscere come la caciarona che ero (come si cambia...).

Il Toro perde a casa della Lazio, vince in casa contro il Parma, affronta la fase a gironi, che si proietta nel mese di novembre e poi oltre.

Nei primi giorni di novembre arrivano fra le mie braccia i remasters del quarto e del quinto album dei Led Zeppelin: IV e Houses Of The Holy.



Ho celebrato e continuerò a celebrare Houses Of The Holy migliaia di volte: è il mio preferito. Imprescindibile. È ciò io sono. Sic et simpliciter. Così.

A metà febbraio la situazione di mio papà si fa atrocemente chiara, così atrocemente chiara che osa dirlo, osa chiedere: "Quanto mi resta da vivere? Dieci mesi?" e l'oncologa abbassa lo sguardo.

Magari fossero stati davvero dieci, papà, magari... e invece no: te ne restavano sei e mezzo.

Manco il tempo necessario per dare vita ad un bambino.

Il 25 febbraio arriva fra le mie braccia il remaster di Physical Graffiti, sesto album dei Led Zeppelin, e il Toro gioca quella partita a Bilbao.




Arriva l'Estate, l'Estate del Duemilaquindici, l'Estate che odio per la luce, il caldo e svariate altre ragioni.

Decidiamo di andare in Bretagna a respirare suoni e assaporare colori (sì, ho i sensi confusi) che ci sono familiari.

Durante una passeggiata a Pont-Aven telefono a mamma, che mi racconta gli esiti della visita oncologica. Lei ha qualche speranza, forse si tratta solo di pie illusioni, io capisco che tutto sta precipitando ad una velocità impossibile da misurare.

Due giorni dopo Santa Amazon porge fra le braccia di mia madre i remasters del settimo, dell'ottavo e del nono album dei Led Zeppelin: Presence, In Through The Out Door e Coda.



È proprio la fine, come mi era capitato di dire ad inizio anno.

Nel frattempo il silenzio diventa la mia veste abituale.

Alcuni la scambiano per cinismo (magari hanno pure ragione...), altri la confondono con la spocchia che mi appartiene e che proteggo e difendo con amore ma non fanno i conti con la voragine che ho dentro e che sta per materializzarsi.

Ah, tra l'altro... se qualcuno vi raccontasse che ci si può preparare spiritualmente alla morte di una persona amata, be'... non credetegli. MAI.

Dov'ero rimasta? Alla Bretagna.

E poi passiamo due giorni a Parigi, due giorni durante i quali ricevo una telefonata dolcissima da parte di mio papà.

Torniamo in Italia.

Finalmente arrivano fra le mie braccia Presence, In Through The Out Door e, soprattutto, Coda: l'unico album dei Led Zeppelin che, nei tempo che furono, non acquistai su vinile.

Mi concentro su di essi perché se alzo lo sguardo vedo già fare breccia quella che sarà la Grande Assenza.

Inizia il campionato ed iniziano i giorni più assurdi e reali (già.) della mia vita.

Tutto precipita, tutto precipita troppo in fretta, cerco appigli a cui aggrapparmi per non cadere perché QUESTO è il momento in cui DEVO e VOGLIO mantenermi salda perché il quel cuore di cuoio sta per formarsi un buco destinato a rimanere tale.

E poi comincia la mia nuova vita.

Il primo Amico da cui ricevo un abbraccio in qualità di orfanella fresca fresca è lo stesso che ha accompagnato ogni mio travaglio durante le attese di stringere fra le braccia i vinili dei remasters e con cui ho condiviso buona parte di Toro.

Poi arrivano gli altri abbracci, il bisogno smodato di continuare a parlare di papà fino ad annoiare qualsiasi interlocutore, il mondo che sembra - non so proprio come dirlo - 'sbagliato', io che son rimasta con tante domande da fare e non so a chi rivolgermi se non al cielo ricordando la voce di papà che mi diceva: "Quello è il Grande Carro, quella è la Cintura di Orione, se scoppia il temporale rimaniamo a guardare i fulmini dal terrazzo, a volte ripenso al derby per essere felice, sei diventata vecchia, balle stracche..."

Mio papà mi chiamava in tanti modi: Principessa, Contessa, Gioia, Balle stracche, Alonza.

Mio papà continua ad essere la mia Guida.

Quando sono tornata a casa dall'ospedale dopo la sua morte, sono rimasta seduta in silenzio per qualche minuto, ho acceso una sigaretta e ho ascoltato "All My Love",

A volte mi sembra di vivere in un romanzo folle scritto da un savio.

No, non a volte: quasi sempre.

Sono molto stanca E sono - tutto sommato - felice.

Le alternative sono due: o mi sto avvicinando alla saggezza (LOL) o sto proteggendo e difendendo la mia follia.

Meno male che ci sono i Led Zeppelin, via...