venerdì 20 febbraio 2015

L'uomo seduto e tanto amore

Lo riconosci dai movimenti impacciati e lo sguardo di chi è pronto a far polemica, ma non sa fino a che punto può spingersi.

Sulle scale legge i numeri delle file, trova la sua, torna a leggere e questa volta tocca ai numeri sui seggiolini, poi gonfia il petto e si siede.

Si guarda intorno piuttosto infastidito da tutta la gentaglia che sta in piedi e si agita.

Prova diverse posizioni di seduta e poi trova la migliore: piedi per aria e braccia conserte.

La gentaglia lo guarda e alza le spalle: alcuni sono occasionali stadiescamente parlando, altri sono occasionali ipercontrollati che se ne fottono bellamente dell'occasionalità stadiesca altrui.

Durante la partita spesso si volta per capire come mai la mia sciarpa gli sventoli sul muso, gli finisca la cenere delle mie sigarette sul giaccone, le mie ginocchia con inesorabile cadenza affondino poco sotto le sue scapole.

All'inizio dell'intervallo si volta e mi scruta con odio.
Gli restituisco lo sguardo e da quel momento ci si ignora: forse è un accontentista, forse pensa di incutere timore, forse... vabbe', sicuramente è del Toro - nell'anima - quanto me, ma la tentazione di dirgli: "Dove pisello eri quella volta in cui e quell'altra in cui eccetera eccetera?" è forte.

Più forte è, però, il senso di meraviglia, di nostalgia, di stupore, di condivisione, di siamo Noi quelli del Toro, e allora... allora è pace.

Pace.

Mi volto verso dappertutto e dappertutto siamo Noi quelli del Toro, guardando meglio alla mia sinistra c'è mio figlio, mio figlio Nostro Signore della Razionalità, mio figlio e il suo sguardo stupito, il suo sguardo commosso, il suo sguardo che dice... no, non è il suo sguardo: è proprio la sua voce. La sua voce che dice: "Mamma, non ci credo..."

"Mamma, non ci credo..." me lo dice da quest'estate, da quella prima partita in cui c'era il grande tondo giallo a centrocampo e la musica epica. Gli vengono gli occhi più grandi (E.T. in pratica) e le fossette sulle guance.

Ci sono sorrisi che sono diversi, che sono più grandi, che partono da tempi in cui chi li produce non c'era ancora... Davide, ieri io ero di nuovo quella che era andata a vedere Toro-Real Madrid ed era uscita dallo stadio urlando per la gioia e per la Luna Piena e anche se ieri la Luna era invisibile (Luna Nuova) la sentivo andare su e giù per le vene come un veleno benefico.

Ero di nuovo quella ragazza.

Era tutto possibile.

TUTTO.

Tu ieri sera eri lì ad emozionarti di Granata con e come me perché, in tutti questi anni altalenanti e spesso dolorosi, io non ho mai smesso di credere ed ho lasciato sempre spazio alla speranza e al futuro e tu, mia meraviglia dotata di grandi ali tutte tue, ti sei lasciato scegliere da questo Amore Grande.

Siamo molto diversi (evviva!) ma abbiamo in comune la voglia di vedere oltre, di vedere ancora, di essere lì, di non amare le comodità, di stare alzati, di non appoggiare i piedi per aria, di usare i piedi per saltare perché non siamo biancomerdi.

Uomo Seduto, io ti stimo in quanto Fratello, ma dai retta ad una donna anziana: quando si va a casa di qualcuno, si osservano le usanze locali. Lo ha capito mio figlio, che ha ancora tanta vita davanti a sé, fai il piccolo sforzo di farlo anche tu. Magari ti può sembrare difficile... e invece è semplice (semplice, non facile: ti è chiara la differenza?). Sei riuscito a stare in piedi nel secondo tempo, fallo anche nel primo tempo la prossima volta, va bene? Bravo.

Ieri sera.

Una di quelle sere di cui parlare quando avremo di nuovo freddo.

Adesso c'è un bel tepore e me lo voglio godere.

Magari giovedì prossimo il tepore si sarà trasformato in gelo siberiano, ma - onestamente - non me ne può fregare di meno.

Non adesso.

No, non adesso.

Adesso sto in maniche corte, guardo quello che ho dentro e ho tutto i motivi per dedicare ogni minima stilla della mia energia a CREDERCI.

Quel che sarà lo si affronterà nel momento in cui sarà necessario farlo, nel bene e nel male (mia regola di vita numero 11).

Il Toro.

Punto.